Pigrizia o creatività
Pigrizia e creatività
A Capodanno 2021, primo e si spera ultimo dell’era Covid-19, abbiamo visto in Tv, uno di seguito all’altro, il Concerto di Capodanno della Fenice di Venezia e quello dell’Orchestra Filarmonica di Vienna eseguito, come da tradizione, nella Sala d’Oro del Musikverein e trasmesso in mondovisione.
Due concerti tradizionali segnati entrambi dalla dall’inusitata e catastrofica novità della mancanza di pubblico.
Il Concerto della Fenice era eseguito dall’Orchestra e Coro del Teatro La Fenice diretto da Daniel Harding, il Concerto di Vienna era diretto dal nostro Riccardo Muti ed eseguita dalla Wiener Philharmoniker.
Possiamo fare (osare) un confronto tra i due spettacoli? Non li chiamo più concerti ma spettacoli perché mai e poi mai mi azzarderei a fare un confronto musicale, né di programma né di esecuzione. Non parlo mai di musica che amo, ascolto e ne subisco, volentieri, il fascino; ma non ne parlo, sentendo “vertiginosa” la mia incompetenza.
Quindi chiamiamoli spettacoli, anche perché, mai come in questa occasione, si trattava di due “prodotti” televisivi. Lo erano anche in passato, quando avevano un pubblico in sala, ma quest’anno lo erano ancor di più.
Non mi interessa neanche il confronto tra i due luoghi dell’esecuzione, la Sala d’Oro del Musikverein e il teatro La Fenice. Una grande, bella, sala da ballo imperiale a forma rettangolare la prima, un teatro all’italiana, e che teatro, la seconda. Teatro all’italiana che è un’evoluzione architettonica della sala da ballo rettangolare. La bellezza della Fenice è sfolgorante e non ammette dibattito.
No, il confronto non è neanche sulle sedi (location?) ma su come è stata interpretata l’esecuzione senza pubblico. Abbiamo visto due approcci diversi a un medesimo problema. Due forme mentali che hanno generato due soluzioni diverse. Uno, quello di Vienna è stato un approccio “pigro”. Ha semplicemente eseguito, senza pubblico, il concerto, concentrandosi sulla qualità del programma, degli esecutori, della direzione. Sala “da ballo”, ora platea, semplicemente con le sedie vuote.
Venezia no, ha cambiato il punto di vista, ha “ridefinito il campo problematico”. Ha assunto in pieno il fatto evidente che l’assenza del pubblico in sala cambia la “natura” dell’evento e quindi ha cambiato la “natura” della proposta, modificando il contenitore e ridefinendone la funzione e l’insieme della “macchina spettacolare”.
La Fenice ha realizzato un’installazione, una sorta di “ossatura in legno di una nave in costruzione”, al posto del palco per ospitare, distanziati, una settantina di elementi del coro. Altri coristi sui plachi, l’orchestra in platea. Un nuovo dispositivo spettacolare dove agili e mobili “occhi digitali” colgono insiemi e particolari a beneficio dell’emozione di chi partecipa di fronte al proprio schermo.
Uno spettacolo “tutto pieno” da Venezia, un concerto “pieno di vuoti” da Vienna.
La creatività ha fatto la differenza. Ci insegna qualcosa tutto ciò?
Certamente molte cose e, tra queste, così ci sembra, ci insegna, in fondo, che la creatività parte dalla comprensione dell’oggetto, del problema, che si nutre di intelligenza e di rispetto e che non ama la pigrizia.