Dettagli di luce – Mostra fotografica di Luciano Bertocco

Dettagli di luce – Mostra fotografica di Luciano Bertocco

Dettagli di luce – Mostra fotografica di Luciano Bertocco

Dettagli di luce

Mostra fotografica di Luciano Bertocco

Dall’1 al 29 ottobre. Galleria dpProgetti – Padova

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Guardi una roccia levigata dall’acqua, guardi una donna che guarda se stesa, guardi un collo, vecchio, solcato da rughe. Tutte foto in bianco e nero di Luciano Bertocco. La prima cosa che capisci è che sono bellissime. La seconda che sono tante. Una cinquantina quelle esposte nella mostra “Dettagli di luce” visitabile dal 1 al 29 ottobre presso la Galleria dpProgetti di via Seminario, 1 – angolo via Rogati, 47 di Padova. Orari: tutti i giorni dalle 16 alle 19,00. Sono tante perché su ciascuna vorresti soffermarti, immergerti, carpirne la storia.

La prima cosa che capisci è che sono bellissime. La seconda che sono tante. Una cinquantina quelle esposte nella mostra “Dettagli di luce” visitabile dal 1 al 29 ottobre presso la Galleria dpProgetti di via Seminario, 1 – angolo via Rogati, 47 di Padova. Orari: tutti i giorni dalle 16 alle 19,00. Sono tante perché su ciascuna vorresti soffermarti, immergerti, carpirne la storia.
Poi, quasi all’improvviso, capisci una terza cosa. Bertocco realizza foto astratte, anzi no, metafisiche. E allora capisci anche l’organizzazione della mostra, coerente con le immagini. L’ha curata interior designer Daniela Paluello, titolare e animatrice della galleria dpProgetti. Il cuore dell’esposizione è costituito da tre gruppi di foto dove si parla di terra, di acqua, di luce, elementi primordiali, di città e di architettura industriale. Le “colline senesi”, una carrellata di volti e alcuni scatti a colori chiudono l’allestimento.

Abbiamo detto foto metafisiche in cui il soggetto ritratto è pretesto per comunicare qualcos’altro, che va oltre qualsiasi oggettualità.

È una lettura corretta, al di là di ogni ragionamento sulla libertà interpretativa? È questo quello che fa Luciano?

La macchina fotografica, lo diciamo nel senso più generico fuori da ogni tecnicalità, si può usare in tanti modi diversi. C’è chi la usa come strumento per conoscere ciò che fotografa, chi per documentare storie e avvenimenti, altri ancora per diversi nobili motivi. Ma c’è anche chi cerca l’oggetto o soggetto da fotografare per trasformarlo, con la propria arte, in “segno” di un proprio sentire, farlo espressione e messaggio che gli permetta di dire: io sono questo.

Sentiamo come la pensa Bertocco. “Per me fotografare è comunicare”. Parola complessa dai mille significati. Una zoomata per capire meglio. “Fotografare significa raccontare, esporre i miei sentimenti, le mie emozioni.” Ecco, esporre è la parola più giusta. Con le sue immagini Luciano si racconta e così espone se stesso agli occhi e al giudizio del pubblico. Non si tratta di una narrazione autobiografica ma del bisogno, vitale, di esporre il proprio percorso interiore, la propria ascesi.”

“Il mio, dice, è una sorta di percorso spirituale fatto guardandomi dentro e di incontri che solo apparentemente si possono dire casuali, in realtà inseriti in un qualche disegno, orizzonte di senso.”

Quello con Giovanni Umicini è uno di questi, uno dei più importanti. Il “burbero” artista dell’immagine è stato suo mentore e maestro. Tra i tanti insegnamenti che gli ha consegnato c’è quello di fotografare “solo quando ti prende il fuoco sacro”. Non usava, Umicini, queste parole ma il più diretto linguaggio delle osterie, da lui tanto amate.

Un secondo incontro fondamentale per la fotografia di Bertocco è quello con la parola. Da questo nasce il suo primo lavoro importante, un volume in cui la fotografia è tutt’uno con la parola e quest’ultima è quella biblica. Sono i Salmi, il libro di David che ha peccato e cerca purificazione, il titolo è Ruah, vale a dire soffio. Dalla gravità della terra alla leggerezza dell’aria.

Per Luciano il peccato non è un fatto individuale ma una presenza, un elemento costitutivo del mondo. E te lo dice. “Parto da dolore”, ma non per imprecare e neppure per espiare. Lui sceglie un percorso verso la liberazione, verso l’alto, l’etereo. Metafisica in forma di poesia.

Il rapporto con la parola rimane, soprattutto con la parola poetica e religiosa, il prete poeta David Maria Turoldo è un altro incontro importante per Luciano. Ma se della parola l’immagine continua a nutrirsi, diventa tuttavia autonoma, indipendente. Non ha più bisogno di accompagnarsi, con lei intrattiene un dialogo fitto e nutriente, che non ha bisogno si sostenersi vicendevolmente, ma possono vivere in autonomia.

Ancora un incontro, ma nessuna svolta, un arricchimento, uno scambio vitale.  Questa volta non diretto ma mediato da Simona Guerra, archivista fotografica e nipote del Mario Giacomelli. Un arricchente rapporto di lavoro e un’immersione sulle carte, sugli archivi, sui messaggi del grande fotografo. Anche qui ne trae un insegnamento lungo la linea da sempre percorsa: “bisogna scavare su se stessi”.

Nato a Fiesso d’Artico da lì non si è più mosso, ha trovato nella fotografia, incontrata da adulto e che considera un dono, la possibilità di emancipazione umana e intellettuale.  Molte le sue mostre all’attivo. Da ricordare, tra le tante, nel 2005 l’esposizione di Stra (Ve) a Villa Foscarini Rossi, poi nel 2005 è la prima volta di Venezia nella chiesa di s. Tommaso con la mostra RUAN (respiro), e ancora a Venezia, nella chiesa di s. Stefano all’Accademia con “I colori dell’anima”. E poi Chioggia e molte altre ancora.

Con Luciano ho fatto un gioco, non c’è niente di più serio del gioco. Ci siamo soffermati a guardare insieme una foto, le vecchie mani di una donna che guarda se stessa ritratta in una foto da giovane.

Tecnicamente perfetta, cosa ti trasmette questa immagine, che ha vinto il premio Gallucci. Luciano ci parla di una donna che ha conosciuto, che ha sofferto, che recitava il rosario, una donna di grande dignità e cura per se stessa, per le sue mani, oggi nel momento dello scatto, ieri, in un tempo remoto. Ma questa è una storia, e il messaggio, e il senso? È il bisogno di avere, pur nello scorrere del tempo, la coscienza della propria identità. Ecco la foto non racconta la storia della donna ma il bisogno di Luciano e nostro di interrogarci su noi stessi, sul tempo, di metterci davanti a uno specchio non narcisista ma esistenziale.

Questa crediamo sia la cifra delle foto di Luciano Bertocco.

Francesco Nosella

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